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24 aprile 2002
 
Reticoli (1)

Pare che nell'antichità i luoghi da destinare all'edificazione fossero scelti con cura e che si prendessero in considerazione molti fattori: si prediligevano le aree dove gli uccelli si posavano più di frequente, si scartavano quelle in cui alberi contorti o sofferenti sembravano indicare la presenza di un qualche influsso negativo e così via. In epoca moderna si è supposta l'esistenza di un reticolo magnetico capace di agire positivamente sugli esseri viventi in certe zone o, al contrario, di comprometterne salute fisica e mentale in altre (specialmente in corrispondenza di perturbazioni dovute a corsi d'acqua sotterranei o materiali da costruzione inadeguati).

Non so. Di sicuro il connubio tra antiche dottrine e moderna indagine scientifica è affascinante: immagino aruspici e bioarchitetti che conversano amabilmente misurando a grandi passi la superficie terrestre, impugnano con la stessa dimestichezza la forcella da rabdomante e il teodolite, confrontano i segnali di sofisticati apparecchi elettronici con i responsi tratti dalle interiora d'agnello.
Pittoresco... ma che ci sarà di vero?
Butto là un po' di considerazioni in ordine sparso.


A quasi tutti succede di provare profonda avversione per un luogo o una certa abitazione. Spesso il motivo è da ricercare nei ricordi spiacevoli che questi ambienti (o certi loro particolari) evocano in noi; altre volte il disagio che proviamo sembra totalmente immotivato.
E' forse il perfido reticolo che si fa sentire? Mi sembra più realistico catalogare gli influssi magnetici come uno tra gli innumerevoli stimoli che percepiamo ed elaboriamo in ogni attimo della nostra esistenza.
Difficilmente ci sentiremo a nostro agio in una corsia d'ospedale, in una camera mortuaria o nel parlatorio di un carcere, qualunque sia la loro posizione rispetto al reticolo. Casomai è da sottolineare il sadismo di chi progetta questi ambienti in modo da peggiorare l'umore di chi vi soggiorna, presumibilmente già abbastanza inguaiato. Si potrebbe fare qualcosa di meglio. Ho partecipato alla ristrutturazione di un forno crematorio che, grazie al piglio leggero e sdrammatizzante dell'architetto, non è risultato per niente tetro (nei limiti: declinai con fermezza l'invito ad assistere all'"infornata" d'inaugurazione).

Il discorso si fa ancora più complesso quando si esaminano le abitazioni vere e proprie, perché gli elementi che possono modificare la nostra percezione sono moltissimi: l'esposizione, la luminosità, la rumorosità, l'umidità, gli odori predominanti, la personalità degli abitanti, la qualità del caffè, la pulizia della tazzina...
Ho visto case che voi umani non potete neanche immaginare. Case fredde e inospitali nonostante i termosifoni tropicali, case soffocate dal mobilio incombente, povere a dispetto dello sfarzo. Ho visto case repellenti trasformarsi come per magia, diventare accoglienti e piacevoli solo per il cambio degli occupanti. Ho visto lo spazio abitabile dilatarsi per un sorriso, la prospettiva infrangersi intorno a una bambina che volteggia sull'altalena appesa al soffitto (sempre più in alto sempre più in alto...)




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